Nelle scorse settimane due enormi alluvioni hanno colpito a distanza di pochi giorni la città di Freetown allagando molti quartieri urbani e causando almeno dieci vittime.

Nulla di nuovo sotto il sole: gli effetti di decenni di deforestazione, mancata pianificazione, consumo indiscriminato di suolo si sommano a un contesto geografico complesso: una città di quasi due milioni di abitanti stretta fra ripidi pendii e il mare e sferzata quattro mesi all’anno da piogge imponenti.

Una città fragile, cronicamente povera di infrastrutture e strumenti di difesa e per questo ancora più esposta agli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici, come l’enorme frana che la notte del 14 agosto 2017 colpisce la periferia sud della città, seppellendo decine di case e centinaia di persone. 

Una città che, con drammatico ritardo, ha da poco iniziato a interrogarsi sui temi della prevenzione e della mitigazione dei rischi, analizzati da tempo in ambito accademico ma sempre dimenticati o banalizzati dalle agende politiche locali e nazionali.

Le iniziative di mitigazione dei rischi e miglioramento ambientale

L’elezione a nuovo sindaco di Freetown di Yvonne Aki-Sawyerr lo scorso marzo ha segnato un notevole cambiamento nel modo di amministrare la città.

Per la prima volta infatti il Freetown City Council si dota di un piano strategico, ben strutturato, con obiettivi chiari, strumenti concreti e, soprattutto orizzonti temporali e soluzioni di copertura economica.

A oltre dieci anni dalla riforma di decentralizzazione statale si colma quindi un vuoto drammatico di potere, con ministeri non più pienamente competenti su determinati ambiti (pianificazione, uso del suolo, gestione rifiuti e ambiente) ed enti locali ancora impreparati a gestire responsabilità complesse e fortemente interconnesse.

Il piano promosso dalla Sawyerr è incentrato sul miglioramento ambientale della città, sulla mitigazione dei rischi e sul conseguente rafforzamento della resilienza ed è stato nominato “Transform Freetown“.

Una trasformazione quanto mai urgente e necessaria ma che difficilmente, data la povertà di infrastrutture e l’endemicità di certi problemi, potrà essere raggiunta nei tempi previsti.

Le iniziative di Transform Freetown

L’ambiziosissimo (per non dire utopico) programma “Transform Freetown” è quindi una serie di iniziative concrete che si propongono di modificare radicalmente la città in un orizzonte temporale di alcuni anni, generalmente fino al 2022, anno di fine mandato dell’attuale amministrazione.

Il piano si suddivide in quattro macro-ambiti di intervento detti Clusters, ognuno dei quali collegato a enti, organismi internazionali o nazionali che ne contribuiranno allo sviluppo: Resilience, Human Development, Healty cities e Urban mobility.

Se diversi obiettivi legati al traffico, all’educazione più inclusiva o alla sanità di base possono certamente essere a portata di mano, altri come la costruzione di 5000 case low-cost o l’aumento del 50% degli alberi in città saranno difficili da raggiungere.

L’obiettivo più utopico sembra però quello che dovrebbe garantire il raggiungimento di gran parte degli altri e cioè riformare il sistema di raccolta delle tasse municipali (oggi effettuato in maniera abbastanza casuale da esattori che girano per la città) abbattendo l’evasione e quintuplicando gli introiti. Auspicabile ma decisamente improbabile.

Nonostante l’eccessivo ottimismo Transform Freetown rappresenta un punto di svolta epocale per la città, soprattutto per quanto riguarda i temi della resilienza e della mitigazione dei rischi, affrontati per la prima volta in modo sistematico e concreto.

La prima intuizione interessante è stata quella di individuare come motore del cambiamento i 48 wards: le circoscrizioni amministrative in cui è suddivisa la città.

Ogni ward è infatti interessato da attività di mappatura, individuazione dei rischi e delle priorità e i residenti hanno la responsabilità diretta di diffondere e applicare buone pratiche di resilienza e mitigazione dei rischi nelle rispettive comunità.

Queste buone pratiche concrete di prevenzione, realizzate dalle comunità di residenti in collaborazione con squadre di tecnici comunali e con l’esercito sono dette “Flood Mitigation Activities”.

Le Flood Mitigation Activities

Le azioni di mitigazione delle alluvioni sono una serie di attività finalizzate a ridurre il rischio idrogeologico nel breve-medio termine con la partecipazione attiva dei residenti.

La conformazione di Freetown, la deforestazione dei pendii e la povera gestione della raccolta rifiuti determinano nella stagione delle piogge alluvioni anche disastrose, dovute all’esondazione di torrenti ostruiti o dall’insufficiente portata della rete di scolo capillare.

Un’attività preliminare di mappatura e analisi storica ha portato a individuare le aree a maggior rischio in ogni ward.

Le attività, realizzate da squadre di operai e tecnici comunali, militari e cittadini del quartiere hanno previsto opere di manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti di scolo, con la pulitura delle canalette, spesso usate impropriamente come discariche, dai rifiuti e dal terreno.

L’iniziativa di pulitura interessa anche diversi ponti stradali: i ponti infatti, con fornici insufficienti alle portate stagionali dei torrenti e costantemente intasati di rifiuti o detriti sono storicamente i punti di maggior rischio per le alluvioni di interi quartieri.

Queste azioni di prevenzione, insieme allo scavo di nuovi canali si intensificano particolarmente all’inizio della stagione delle piogge.

Durante la stagione stessa invece alcune squadre di tecnici e militari sono attive per interventi di emergenza su segnalazione dei cittadini o per ripristinare quanto prima canali e scarichi dopo le alluvioni. Un’attività fondamentale per evitare il ripetersi di disastri dovuti alle piogge quotidiane nella stagione estiva.

Un’ulteriore iniziativa in atto legata invece al miglioramento ambientale è quella della riforestazione: se gli obiettivi di aumentare le aree vegetate del 50% entro il 2022 e di piantare 20.000 alberi nel corso di quest’anno appaiono decisamente ottimistici è pur vero che questa iniziativa rappresenta un cambio di tendenza epocale, dopo decenni di taglio indiscriminato e incontrollato di piante e arbusti.

Anche la Sierra Leone quindi si posiziona sulla scia di iniziative di riforestazione di massa come quelle recentemente promosse dal governo Etiope o come la Great Green Wall che attraversa il continente fra Senegal e Eritrea.

La cleanest zone competition

Un incentivo alla partecipazione molto interessante è quello della Cleanest Zone competition: una sfida fra i quartieri della città a chi ottiene il più forte miglioramento nella gestione dei rifiuti e nella tutela dell’ambiente e del decoro urbano.

Ogni circoscrizione è chiamata a organizzare la raccolta puntuale dei rifiuti in linea con quanto richiesto dal comune, a rimuovere le discariche abusive e a contribuire alla pulizia di strade, marciapiedi e spazi pubblici.

Sono incentivate anche azioni di abbellimento del quartiere e piccoli interventi di miglioramento degli spazi pubblici o di passaggio.

L’iniziativa ha l’obiettivo di coinvolgere direttamente i cittadini nella cura del proprio quartiere, dissuadere dall’abbandono indiscriminato dei rifiuti e di aumentare consapevolezza e controllo sociale su comportamenti scorretti o pericolosi.

Chi viene sorpreso ad abbandonare rifiuti solidi o liquidi in zone pubbliche o discariche illegali infatti, oltre ad essere multato, causa la squalifica dell’intero quartiere dalla competizione.

Ogni sei mesi la circoscrizione vincitrice viene premiata con impianti di illuminazione notturna, una fontana di acqua potabile, la pavimentazione di un tratto di strada e borse di studio per i bambini residenti in difficoltà.

La Comunicazione

Infine, un aspetto fondamentale del nuovo corso al Municipio di Freetown è quello della comunicazione.

Il cambio di amministrazione infatti ha segnato anche il passaggio da siti web istituzionali inaccessibili o tristemente obsoleti e da pagine social semi-abbandonate a una comunicazione moderna, coinvolgente, a tratti quasi aggressiva.

Non passa giorno che non ci siano aggiornamenti su traguardi raggiunti o nuovi obiettivi e l’hashtag #transformfreetown inizia ad essere onnipresente sui social.

Questa macchina con un fine evidentemente propagandistico (non è escluso che la Sawyerr possa aspirare a candidarsi alla presidenza nel 2022) ha tuttavia il merito di aumentare il coinvolgimento e la diffusione di buone pratiche fra una popolazione mediamente molto giovane e sempre più connessa sui social network.

La stessa immagine della Sindaca, spesso e volentieri ritratta sotto la pioggia o con i piedi nel fango a coordinare i soccorsi, rappresenta un enorme passo in avanti rispetto a una visione della politica (e dei politici) distante dai problemi quotidiani o presente solo nell’imminenza delle scadenze elettorali.

Una politica del “buon esempio” che può indubbiamente fare la differenza nel coinvolgere i cittadini a fare la loro parte nella trasformazione della città.

I risultati

Dopo un primo anno incoraggiante, in cui alcuni slum costieri per la prima volta negli ultimi decenni non hanno subito inondazioni, la stagione delle piogge del 2019 ha smorzato l’entusiasmo: due grandi alluvioni a inizio e metà agosto hanno colpito la città distruggendo decine di case e proprietà e causando dieci vittime.

La situazione sembra tristemente immutata, se anche Umaru Fofanah, uno dei giornalisti più autorevoli in Sierra Leone, parlando delle recenti alluvioni annota con amarezza: che “da 15 anni ogni stagione delle piogge scrivo esattamente gli stessi articoli, anzi, potrei riproporre quelli degli anni prima e nessuno se ne accorgerebbe”.

Le Flood Mitigation Activities sono quindi inutili?

Assolutamente no, se è innegabile che le iniziative messe in campo non sono sufficienti a risolvere un problema causato da fattori stratificatisi in decenni di crescita urbana incontrollata, è altrettanto certo che senza gli interventi messi in campo il conto dei danni (e delle vittime) sarebbe stato indubbiamente ben più grave.

Al di là degli scarsi risultati finora misurabili è comunque innegabile la rivoluzione epocale che rappresenta Transform Freetown per la città e i suoi residenti.

Da un atteggiamento diffuso di apatia verso problemi percepiti (non sempre a torto) come troppo grandi per essere affrontati, si è passati infatti a un approccio concreto e pragmatico, che se supportato dalla partecipazione a lungo termine potrà incidere su diversi problemi urbani.

Allo stesso tempo l’attenzione al ruolo delle micro-comunità nel tessuto urbano, la partecipazione attiva dei residenti al miglioramento del proprio quartiere, l’incentivo alla diffusione di buone pratiche attraverso la competizione fra quartieri, il buon esempio degli amministratori o la corsa verso un obiettivo comune sono esempi pratici e creativi che possono ispirare anche le nostre città nell’ottica di un futuro più sostenibile e partecipato.

Federico Monica

Architetto e PhD in Tecnica e Pianificazione Urbanistica. Appassionato di Africa e fondatore di Taxibrousse mi occupo da oltre dieci anni di slum e insediamenti informali, autocostruzione, materiali e tecnologie povere.


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TaxiBrousse è uno studio che sviluppa progetti e consulenze di ingegneria, architettura, urban planning e ambiente per la cooperazione internazionale

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