La regione dell’Adrar, nel nord della Mauritania, conserva straordinarie testimonianze di un Sahara vitale, ricco di abitanti, scambi commerciali e vivacità culturale.
Un Sahara tutt’altro che “deserto”…
Una di queste testimonianze è la città di Ouadane, sull’orlo meridionale del Guelb er-Richat, un’imponente struttura geologica circolare probabilmente causata da una depressione improvvisa della crosta terrestre.
Ouadane è oggi una città fantasma: un labirintico e silenzioso cumulo di pietre aggrappato a una montagna sospesa sulle sabbie che si perdono all’orizzonte; gli alti muri che costeggiano i suoi vicoli nascondono soltanto macerie di un passato fiorente e rovine sferzate dal vento.
Fondata secondo la tradizione nel 1142 la città è circondata da un palmeto rigoglioso e fino al XIX secolo fu un ricco centro di commercio di oro, spezie e schiavi, abitato da migliaia di persone e tappa obbligata di quasi tutte le principali piste carovaniere del Sahara occidentale.
Su una delle strade principali si affacciano i resti delle ricche case degli Haji: fedeli che portarono a compimento il pellegrinaggio rituale alla Mecca e che fondarono poi importanti scuole coraniche, mentre poco distante sorgono le labirintiche rovine della moschea antica composta da sei gallerie collegate da una serie di finti archi a sesto acuto.
Ai piedi della collina, vicino alle palme rigogliose il tesoro più grande della città: un pozzo ricco di acqua, profondo venti metri, talmente importante da essere protetto da due cinta di mura concentriche.
Ma le mura non bastarono a difendere Ouadane da tutti i pericoli: si narra che il crollo della città sia legato all’invasione di piccoli parassiti che divoravano il legno delle palme utilizzato per costruire solai e tetti degli edifici, vero o no questo avvenimento coincise con il declino delle piste carovaniere come via principale di commercio fra Mediterraneo, Africa sub-sahariana e oceano Indiano.
Abbandonate dai propri abitanti e senza più coperture le case crollarono una dopo l’altra, confondendosi con le rocce della falesia e rotolando fino a lambire le mura sinuose e oramai inutili.
Restano a testimonianza della potenza della città le torri in pietra delle moschee vecchia e nuova, sormontate da enormi uova di struzzo il cui bagliore doveva guidare come un faro i carovanieri nel buio impenetrabile delle notti Sahariane.
Agli occhi di chi ha la fortuna di raggiungerla Ouadane sembra un miraggio.
Non la dolce illusione presente di acqua fresca e ombra ma un miraggio di spiriti passati, che si annidano nelle spesse ombre dei muri, che si aggirano fra cumuli di pietre narrando antiche storie e svaniscono in un turbine di sabbia alzato dal vento.
Federico Monica
Architetto e PhD in Tecnica e Pianificazione Urbanistica. Appassionato di Africa e fondatore di Taxibrousse mi occupo da oltre dieci anni di slum e insediamenti informali, autocostruzione, materiali e tecnologie povere.
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