Come abbiamo visto nel post introduttivo sui metodi partecipativi per lo sviluppo urbano il tema attualissimo della partecipazione dei residenti nei processi di pianificazione non è esclusivo appannaggio di centri di ricerca e ben organizzate città occidentali.

Nelle megalopoli africane, asiatiche e sudamericane assistiamo infatti a una forte diffusione di iniziative “dal basso” di partecipazione, specialmente nei quartieri informali, spesso fisicamente realizzati pezzo per pezzo dai cittadini stessi.

In questo articolo proponiamo una rassegna di interessantissime iniziative partecipative di data collection: censimenti, mappe, informazioni, raccolte ed elaborate dagli stessi residenti degli slum; un’azione necessaria dal momento che spesso tali quartieri sono ignorati da mappe e censimenti ufficiali (ne abbiamo parlato poco tempo fa in questo articolo)

Uno degli aspetti maggiormente interessanti è l’impiego diffuso delle nuove tecnologie in queste operazioni, non è raro infatti che per mappare gli slum si usino droni o applicazioni per smartphone e che i dati vengano successivamente riversati in ambienti GIS.

Metodologie e sistemi che è ancora raro vedere impiegati nelle nostre città europee, sia per l’elevato livello tecnologico degli strumenti sia per i livelli di partecipazione e di coinvolgimento dei residenti; occorre quindi lasciare alle spalle lo stereotipo che vuole baraccopoli e favelas come inferni sulla terra, in preda a criminalità, fame e disperazione e riconoscere che la vitalità e il dinamismo di questi quartieri possono insegnare molto al nostro modo di intendere, progettare e vivere le città.

Iniziamo il nostro viaggio con due interessanti esperienze dall’Africa per passare in America Latina e concludere con un metodo nato in India ma oggi diffuso in gran parte del mondo.

Human City Project

l’iniziativa Human City Project è stata sviluppata negli slum della città nigeriana di Port Harcourt dalla ONG C-MAP – Collaborative Media Advocacy Platform.

Ideata in risposta a ripetuti sgomberi perpetrati dall’esercito nazionale l’iniziativa è parte di un più ampio sistema di azioni di rafforzamento delle comunità di residenti attraverso la creazione di centri culturali, mezzi di comunicazione, supporto legale, advocacy e lobbying.

La realizzazione di “technology labs” ha permesso la formazione di volontari specializzati in diversi ambiti e lo sviluppo di applicazioni ad-hoc basate su software open-source come KoBo toolbox o QGIS.

Alla fase di mappatura e censimento segue un’azione di verifica dei dati sviluppata da altre squadre, infine le informazioni vengono riversate in una piattaforma GIS.

La diffusione di informazioni sul progetto è fortemente aiutata da trasmissioni radio sull’emittente fondata dalla stessa ONG che consentono di coinvolgere nuovi volontari e aggiornare i residenti sui risultati ottenuti.

Il progetto di C-MAP ha un respiro molto più ampio: la mappatura degli insediamenti è infatti solo il primo step di un articolato e ambizioso programma di pianificazione partecipata e di rafforzamento delle comunità di residenti.

Qui il sito di C-MAP con informazioni sulle varie iniziative sviluppate dall’organizzazione.

Map Kibera

Sviluppato nell’omonimo slum di Nairobi da un’organizzazione di residenti supportata da alcune NGO locali o internazionali il progetto Map Kibera ha messo a punto un metodo di mappatura, censimento, restituzione grafica e pianificazione partecipata che è recentemente stato esportato in altri grandi slum della città come Mukuru e Mathare.

Map Kibera si basa su strumenti GPS e la piattaforma open source OpenStreetMap per realizzare le mappe d’insieme, viene inoltre utilizzato QGIS per produrre mappe tematiche o approfondimenti su determinati aspetti.

A differenza di altre esperienze il progetto non si pone come obiettivo la raccolta di dati sui residenti, sulla composizione delle famiglie e sui profili sociali ma si limita a riportare i percorsi interni allo slum e soprattutto i servizi e le dotazioni pubbliche.

Vengono poi elaborate delle mappe tematiche, condivise attraverso un blog e canali social in cui si offrono informazioni sulle offerte disponibili in determinati ambiti, ad esempio nella categoria WATER & SANITATION indica la localizzazione di bagni pubblici e rubinetti condivisi, con informazioni che possono essere facilmente aggiornate per segnalare guasti o problemi.

La categoria SECURITY, oltre a indicare posti di polizia e centri antiviolenza riporta la presenza di illuminazione notturna e addirittura una mappa dei “luoghi pericolosi” secondo le segnalazioni dei residenti stessi.

Le attività di mappatura sono la base per ulteriori iniziative di community advocacy per consentire una maggior considerazione dei residenti di Kibera nella gestione e nello sviluppo urbano.

Sul sito MAP KIBERA sono descritte le diverse iniziative ed è possibile navigare in alcune mappe tematiche.

Ta no Mapa

Il progetto Ta No Mapa è stato sviluppato dalla ONG brasiliana Afroreggae nelle favelas di Rio de Janeiro con il supporto tecnico di Google a partire dal 2013.

In questo caso non si tratta di un’attività finalizzata alla mappatura fisica degli insediamenti (che, a differenza dei contesti africano o asiatico per molte favelas brasiliane già esiste) l’obiettivo è offrire una nuova immagine delle favelas interessate valorizzando le attività commerciali e i servizi presenti in esse.

Gruppi di volontari vengono istruiti all’utilizzo di strumenti della piattaforma Google (Map maker tool) e della app Android “Map maker buddy”, che vengono utilizzate per mappare i negozi e i servizi (associazioni, uffici pubblici, ecc.) presenti nelle varie favelas.

Durante i sopralluoghi è quindi possibile, utilizzando una geolocalizzazione GPS inserire la posizione e le informazioni utili di ogni esercizio mappato, lasciando poi la possibilità al proprietario/gestore di sviluppare ulteriormente i dati con ulteriori strumenti (ad es. Google my business).

Il risultato è un servizio potenzialmente utile per i residenti ma soprattutto un’immagine interessante della vivacità anche economica dei quartieri informali.

Qui il sito dedicato all’iniziativa di Afroreggae.

Know your City

Lasciamo per ultimo quello che per impatto, diffusione e struttura è indubbiamente il metodo maggiormente interessante oggi impiegato. SDI (Shack slum dwellers International) è oggi l’organizzazione leader di auto-organizzazione fra residenti degli slum, si tratta in realtà di una federazione di associazioni locali, che in questo modo hanno la possibilità di ottenere grande visibilità, maggior peso politico e un supporto tecnico, economico e scientifico condiviso fra gli associati.

Grazie a SDI centinaia di slum in Africa e nel sud-est asiatico sono stati censiti con grande cura e precisione tanto che i dati sono spesso utilizzati dalle istituzioni e considerati maggiormente attendibili rispetto a censimenti standard.

Il grande merito di SDI, oltre ad aver promosso le campagne di self-mapping fra le associazioni federate, è quello di aver progressivamente standardizzato le metodologie che di volta in volta venivano impiegate, oggi quindi l’organizzazione dispone di una serie di dati uniformi che permettono di analizzare nel dettaglio gli insediamenti informali mappati.

Gli strumenti utilizzati sono stati sviluppati dall’associazione stessa che produce dei semplici kit di apprendimento per i volontari e si basano sull’applicazione Android “ODK collect” integrata con tracker GPS.

Questa metodologia pone un’attenzione fortissima all’accuratezza dei dati, tanto che sono stati messi a punto dei moduli di raccolta informazioni sugli insediamenti con oltre 150 item e procedure di verifica e validazione molto stringenti.

Un’ulteriore aspetto interessante della campagna Know Your City è la restituzione dei dati principali in un database online consultabile da tutti e con infografiche riassuntive semplici e di forte impatto grafico che permettono a chiunque di raccogliere preziose informazioni su uno slum specifico, di analizzare macrodati aggregati per continente o per paese e persino di confrontare fra loro alcuni insediamenti.

Qui il sito del programma Know Your City

Questa è semplicemente una piccola selezione delle numerosissime iniziative più o meno strutturate di self-mapping e self-profiling che evidenziano la straordinaria vivacità che si respira in molti slum del pianeta in cui vengono ideate e sperimentate metodologie innovative e fortemente creative per approcciare problemi e situazioni che i sistemi tradizionali faticano a comprendere e risolvere.

In questo articolo vi proponiamo invece le esperienze partecipative più interessanti rivolte alla pianificazione urbana e allo slum upgrading.

Federico Monica

Architetto e PhD in Tecnica e Pianificazione Urbanistica. Appassionato di Africa e fondatore di Taxibrousse mi occupo da oltre dieci anni di slum e insediamenti informali, autocostruzione, materiali e tecnologie povere.


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TaxiBrousse è uno studio che sviluppa progetti e consulenze di ingegneria, architettura, urban planning e ambiente per la cooperazione internazionale

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