Alcuni giorni fa abbiamo visto i principali errori che si commettono quando si costruisce all’interno di progetti di cooperazione internazionale, arrivando a concludere che, in alcuni casi, la soluzione migliore sarebbe non costruire affatto.

Spesso però edifici o infrastrutture sono una parte fondamentale all’interno di un progetto o risultano strategici per il funzionamento di un organizzazione; in questi casi è necessario prepararsi a gestire un cantiere.

Le strade che un’organizzazione solitamente prende sono due: o si ricerca un esperto tramite un bando specifico o il solito cooperante dovrà sorbirsi anche la gestione del cantiere, magari senza nessuna competenza in quell’ambito.

La prima soluzione è senza dubbio molto costosa: implica mantenere sul posto un tecnico specializzato per periodi medio lunghi, considerando inoltre che un cantiere rischia di avere molti tempi “morti” e forti ritardi dovuti alla stagione, al recupero dei materiali, alle strade, alle dogane…insomma: quasi mai un cantiere si conclude nei tempi prefissati ed è necessario allungare contratti, impiegare nuova gente o addirittura inventare altri progetti per sfruttare la presenza full-time di un esperto impossibilitato a lavorare.

La seconda soluzione permette grossi risparmi ma, oltre a essere un attentato alla salute mentale di capi progetto e cooperanti, rischia di creare gravi problemi dal punto di vista della qualità delle costruzioni e delle soluzioni individuate.

Dobbiamo infatti sfatare un mito: i progetti (architettonici) sulla carta non corrispondono mai a quanto viene effettivamente realizzato: la vita reale è complessa e per quanto si sia tentato di prevedere tutto capitano regolarmente imprevisti che richiedono modifiche importanti alle strutture o soluzioni alternative da individuare rapidamente e con grande cognizione di causa.

Qui nascono i problemi perchè se sulla gestione ordinaria chiunque può cavarsela, nel momento dell’emergenza sono necessarie competenze tecniche specifiche e si finisce attaccati a un telefono a chiedere pareri a ex colleghi o amici o, per non perdere tempo, ad affidarsi ciecamente alle soluzioni proposte dall’impresa costruttrice.

Esiste una terza via che permetta di gestire i cantieri nei progetti di cooperazione in maniera efficiente ma più economica?

Sì: negli scorsi anni abbiamo sviluppato una metodologia di direzione lavori a distanza che abbiamo sperimentato con successo nei lavori di costruzione della scuola di Matondo, e della scuola di Goma, completate in soli nove mesi di cantiere oltre che nella falegnameria di Dakar, finita in appena quattro mesi.

In cosa consiste questo metodo?

Innanzitutto è necessario partire da una revisione del progetto analizzando gli elementi più complessi e le fasi costruttive principali, in base a questa attività sviluppiamo un modello tridimensionale delle opere nelle varie fasi di costruzione.

Fatto questo si decide insieme all’organizzazione quali saranno gli strumenti/piattaforme preferibili per comunicare e scambiarsi informazioni (solitamente utilizziamo database e strumenti open-source con cui gestiamo check-lists e moduli preimpostati) e si organizza un sopralluogo breve con due obiettivi:

  • fare un training al personale dell’organizzazione coinvolto nei lavori e all’impresa di costruzioni che realizzerà l’edificio spiegando modi di comunicazione e il linguaggio grafico che adottiamo;
  • assistere alla fase di tracciamento delle fondazioni e alle prime fasi di scavo in modo da avere la certezza delle dimensioni corrette delle opere.

Da questo momento tutto si svolge in remoto: per le lavorazioni più particolari sviluppiamo dei disegni step-by-step, praticamente delle istruzioni di montaggio che spiegano passo a passo come procedere con la costruzione, quali materiali utilizzare ecc.

esempio di dettagli costruttivi “step by step” sviluppati per la scuola di Matondo

In caso di imprevisti chiediamo ci venga inviato un messaggio con alcune immagini, siamo così in grado di attivarci in tempo reale per modificare il progetto, riadattare il programma dei lavori in modo da ridurre le perdite di tempo e sviluppare nuovi dettagli step-by-step per risolvere il problema.

In questo modo al personale sul campo (che ovviamente deve esserci) resta semplicemente una funzione di controllo “non tecnico”: verificare che l’impresa sia presente in cantiere, scattare immagini dell’avanzamento dei lavori, compilare semplici moduli sui materiali utilizzati e le loro quantità oltre a segnalare gli eventuali imprevisti.

Federico Monica

Architetto e PhD in Tecnica e Pianificazione Urbanistica. Appassionato di Africa e fondatore di Taxibrousse mi occupo da oltre dieci anni di slum e insediamenti informali, autocostruzione, materiali e tecnologie povere.


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TaxiBrousse è uno studio che sviluppa progetti e consulenze di ingegneria, architettura, urban planning e ambiente per la cooperazione internazionale

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