Il mito tutto Europeo di un’Africa inaccessibile e misteriosa, perpetuato dal celebre (ma mai documentato) motto hic sunt leones, crollò definitivamente nella prima metà del XV secolo, quando i primi naviganti portoghesi raggiunsero il Golfo di Guinea disseminandone le coste di croci in pietra, pozzi e fortezze.
Le descrizioni riportate da quanti fecero ritorno da tali spedizioni raccontano di lunghe coste paludose, con foreste di mangrovie che si estendevano per centinaia di chilometri, creando una barriera quasi impenetrabile tra la terraferma e il mare aperto intervallata talvolta da baie o promontori rocciosi.
Soltanto alcuni piccoli villaggi di pescatori erano stati avvistati negli oltre 3500 chilometri compresi tra le attuali città di Dakar e Port Harcourt; ciò favorì la diffusione del luogo comune di un continente quasi disabitato e senza strutture politiche e sociali importanti.
È in questo contesto che si stabilirono i primi mercanti portoghesi che poterono costruire piccoli porti fortificati come appoggio per il rifornimento delle navi europee, intrattenendo rapporti commerciali con le popolazioni autoctone senza tuttavia spingersi nell’esplorazione dell’entroterra.
L’origine di alcune città da tali centri è testimoniata dalla permanenza dell’antico nome lusofono: Lagos, Fernando Po, Porto Novo, San Pedro.
Per oltre tre secoli questi avamposti, replicati ben presto da britannici, olandesi e francesi, videro incrementare progressivamente gli scambi di oro, pietre preziose, avorio e, sempre più spesso, schiavi da imbarcare per le Americhe.
Nonostante l’apparenza vergine e inabitata del continente, interpretato esclusivamente come immenso serbatoio di materie prime e merce umana, l’immenso territorio oltre le linee di costa racchiudeva civiltà, imperi e realtà urbane di notevole importanza.
Nei secoli in cui gli europei consideravano l’Africa come la terra dei leoni, relegata ad una striscia nella parte inferiore delle mappe, gli imperi del continente, uniti da una fitta rete di piste carovaniere tessevano legami, attraverso il Sahara, con le coste del Mediterraneo e dell’oceano Indiano, esportando oro, pietre e tessuti di pregio e sviluppando civiltà fortemente evolute.
Negli stessi anni le mappe prodotte e stampate in Europa indicavano il continente africano come terra abitata da uomini con un unico occhio al centro della fronte e da fiere e mostri inenarrabili.
Le prime testimonianze scritte su alcune importanti città dell’Africa occidentale risalgono invece alla fine del IX secolo, tramandate grazie ad esploratori e commercianti arabi che si spinsero addirittura fino al corso del fiume Niger, aprendo la strada all’islamizzazione delle regioni a sud del Sahara.
Nell’833 il viaggiatore Al Fazàri descrive la città di Ghana, che nulla ha a che vedere con l’attuale stato ma che si trovava verosimilmente non lontano dal corso del fiume Niger, nell’attuale Mali.
Pochi anni più tardi Al Kuwariaimi racconta di un lungo viaggio che tocca i centri urbani di Zaghawa, presso l’odierno Tchad, la stessa Ghana e KawKaw, probabilmente l’attuale città maliana di Gao, sempre sul corso del Niger.
Dal X secolo, in tali centri, iniziano a formarsi diverse comunità islamiche e si stringono ulteriormente i contatti controversi con i paesi del Maghreb e del Medio Oriente che porteranno fortune commerciali straordinarie ma anche le prime e drammatiche esperienze della tratta degli schiavi.
Le testimonianze dei missionari islamici si soffermano prevalentemente sulla descrizione di edifici e organizzazioni religiose, offrendo comunque importanti informazioni sulle realtà urbane incontrate: nel X secolo Mas’Udi descrive Sijilmasa come una grande città con quattro moschee, un secolo dopo Al Baqri racconta di Awdaghust, città molto frequentata, con un’enorme moschea e numerosi oratori gestiti da maestri coranici.
Anche la nota Djenne Jeno, capitale del regno del Mali, venne toccata da queste spedizioni, si ipotizza che essa sia stata fondata nel 250 a.C. ed inspiegabilmente distrutta nel XIII secolo.
Le città precedenti al XIII secolo risultano pertanto suddivisibili in due modelli: le città pre-arabe, frutto delle civiltà Saheliane entro le quali si creano veri e propri ghetti musulmani e le città delle élite musulmane che, dall’ XI secolo in avanti divennero centri religiosi, di potere e soprattutto centri di scambio commerciale destinati in pochi anni a dominare la regione.
La celebre città di fango di Timbuctù, caratterizzata dalle moschee turrite probabilmente risalenti al XVI secolo, è la testimonianza più nota di questo fecondo incrocio culturale fra il Sahel e il mondo arabo.
Continua…
Federico Monica
Architetto e PhD in Tecnica e Pianificazione Urbanistica. Appassionato di Africa e fondatore di Taxibrousse mi occupo da oltre dieci anni di slum e insediamenti informali, autocostruzione, materiali e tecnologie povere.
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